Menzogna?
Fausto era stato manovale e nessuno gli aveva riconosciuto doti di poeta. Aveva una sua personale creatività. A venticinque anni aveva cominciato a impensierire i parenti per episodi in cui scambiava il giorno per la notte, la barista per sua madre e, quando scambiava il vigile per un normale figlio di puttana, poi la vicenda finiva in questura, dove era riconosciuto come utente del consultorio di igiene mentale e anche considerato con umana simpatia.
Una volta era riuscito chissà come a farsi ricevere da una persona importante, come il presidente degli Industriali o quello dell’Ordine dei Farmacisti per dirgli che era ora di finirla di produrre sostanze nocive a Marghera e altrove. E questo in fondo era giusto. Però per dirlo aveva pensato di rinforzare il discorso versando olio da una sua boccetta proprio sul computer e decorando in modo originale, anche se con uno spray un po’ vistoso, un quadro del seicento appeso alla parete sud, rendendolo meno banal-accademico. Ma forse alcuni chimici o farmaceutici e i loro direttori commerciali non avvertono la noia lasciata negli occhi da fresche fronde, garrulo ruscello, dirute rovine e qualche gaia pastorella, disposti esattamente come in altri cento simili quadri, che Gadda avrebbe attribuito al Manieroni ¹. Oggi i mercanti ci hanno convinto che si tratta di opere di valore. Mentre ai loro tempi dovevano valere poco più della prima pagina della Domenica del Corriere, così come molte opere buffe avevano lo stesso genere di pubblico che oggi guarda Domenica-in e gli autori, compositori e librettisti, si ponevano al giusto livello della borghesia del secoletto. Rossini, Bellini, Ponchielli: tutti diminutivi.
Dopo vari ricoveri in Servizio Psichiatrico Fausto era stato considerato abbastanza sedato e da anni ora vive in un appartamento, un focolare appositamente apprestato dall’ASL per persone come lui. (Cos’è l’ASL? Prima si chiamò asilo per i malati, lazzaretto, ospedale, ULSS, USL. ASL è l’attuale nome che si va riavvicinando a “asilo”.)
Non ha più fatto niente di grave, Fausto. Quando si sente irritato asporta qualcosa: la targa della farmacia, un cavalletto dei lavori in corso, una sedia dalla piazza dove c’è il bar all’aperto. Non ruba; gli oggetti li porta via, perché per lui sono fuori posto e li lascia altrove. Trova loro un posto. Che non sa trovare per sé.
Nello stesso appartamento Asilare convivono altre persone e tra queste un signore che ha molti sospetti su tutto il mondo e si fida solo del suo canarino, ma non del tutto. Un giorno l’uccellino scompare e dopo pochi giorni non si trova più neanche la gabbietta, rimasta orfana di canarino. Erano i primi giorni, no, meglio dire anni, di Tangentopoli e del celebre conto bancario “Gabbietta”, ma non sappiamo quanto Fausto si aggiornasse sulla cronaca. Certo il compagno paranoico aveva tutte le ragioni per essere sospettoso, con certi politici in circolazione.
Nel focolare psichiatrico passano regolarmente gli infermieri, l’assistente sociale, lo psichiatra. Il signore sospettoso racconta loro del canarino. E’ stato rubato, di questo lui è sicuro, ma purtroppo lui non può orientare utilmente le indagini. Lui sospetta in particolare di tutto il mondo. Gli operatori psichiatrici invece pensano ragionevolmente di interrogare Fausto, il quale volentieri risponde:
“Ah sì, l’osèo ha trovato la porticina aperta ed è volato via.”
“Bene, ma poi com’è che è scomparsa anche la gabbia?”
“Ciò, se capisse, dopo do giorni, el xe vegnù tórsela” (ovvio, l’osèo dopo due giorni è tornato a prendersi la gabbia).
Alberto Schon