Malvina Deraco – Università degli Studi di Messina

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Il mare della vita.
Incontro unico, imprescindibile ed irripetìbile nella vita dell’uomo, è quello tra se stesso e l’ignoto mare della vita. La possibilità di poter guardare con sguardo curioso l’orizzonte incerto che si palesa dinanzi ai nostri occhi, è un’attitudine che fa di noi, uomini e donne, esseri pronti a saggiare della vita. Il bimbo siede sulla sua tavola come se stesse già pregustando quanto di meraviglioso quel lontano miscuglio tra ciclo e mare possa riservagli, sempre pronto però a far ritorno alla sua origine, a quel luogo caldo e sicuro in cui prese forma il suo essere al mondo. Il bambino potrà allontanarsi dal grembo materno solo se avrà in sé la consapevolezza di essere amato dalla madre anche quando deciderà di separarsi da lei, o di sostare a mezz’aria indeciso tra l’andare e il tornare. Compito essenziale del fanciullino è esplorare il confine, la terra e il mare, scevro dalla colpa d’essere in grado di navigare da solo tra le acque della vita, perché crescere non significa peccare. Staccarsi dalla madre, non significa non poterne più fare ritorno. Ci sarà sempre un momento cupo, in cui le onde alte e agitate renderanno difficile il suo navigare, saprà che allora potrà fare ritorno in quella calda grotta materna, rifocillarsi, nutrirsi nella mente e nel fisico e lasciarsi cullare da quell’amore dolce e beato che solo una madre può dare. E’ un movimento infinito, tra andare e tornare, allontanarsi e ritornare ancora. Potersi separare, staccarsi da quella terra madre che con tanta devozione ci ha reso esseri vivi è una grande vittoria, di cui non tutti possono godere. Separarsi non significa morire. L’amore materno, sano e sufficientemente buono, caldeggia la crescita e cura l’indipendenza; senza questi sani presupposti il bimbo nel lungo viaggio intrapreso impiegherà ben poco tempo ad affondare e perdersi tra le onde increspate. Solo se la madre sarà pronta a tollerare l’abbandono del figlio, il mare della vita sarà per lui quiete, attraversabile anche nei momenti di più spaventosa tempesta. In quei casi estremi saprà come usare la sua tavola, attaccandosi ad essa così come gli è stato insegnato ad aggrapparsi alla vita. Solo così il piccolo bambino avrà la meglio sulla tempesta: dopo di essa farà ritorno la dolce calura del sole, simile al tepore materno. Ora il piccolo eroe tornerà tra le braccia della madre, raccontando la coraggiosa impresa, inorgogliendola e rendendosi giubilante ai suoi occhi. La madre potrà godere dell’esultazione del piccolo senza temere per lui, poiché nessuna intemperia potrà scalfire la sua forza, di cui ella è creatrice. E’ questo il nucleo autentico dell’amore materno: incoraggiare senza scoraggiare, emancipare senza infantilizzare, lodare senza mai mortificare, allontanare con amore senza soffocare. La madre che potrà, con dolore, guardare il figlio da lontano salpare dal porto, vedere la sua figura perdersi tra i mari della vita, farà di lui non solo un figlio felice ma anche un futuro genitore che potrà sopportare e desiderare la separazione dalla sua prole. La cara tavola, ultimo tra i doni materni, rappresenta la sua zattera indistruttibile che gli permetterà di cavalcare alte maree ma anche di poter domare le turbolenti onde del suo mondo interno. La tavola lo preserverà dai pericoli, sarà sua quanto della madre: grazie ad essa solcherà oceani estranei per poi far ritorno alla terra genitrice; così da capo a capo del mondo lo porta e lo riporta tra l’incognito e il conosciuto. Saranno tante le lacrime versate in silenzio dalla madre nel salutare il figlio. Saranno lacrime trattenute, soffocate dal sorriso e mai usate per impietosire il figlio: saranno così tante da poter riempire mari e oceani, saranno lacrime amare, intrise di un dolore profondo ma necessario per la gioia dell’amato figlio. Questo è l’amore materno: amare con l’amara consapevolezza di soffrire la partenza, la separazione e l’addio. L’amore materno non pretende, non esige, non dev’essere meritato, per sua natura è incondizionato; lontano dall’essere un amore soffocante ed annichilente, mai diventerà estenuante ed invadente, piuttosto sarà tenero e sereno, abbraccerà l’altro senza togliere il respiro. Se la madre non spingerà la tavola del figlio il giorno della partenza entrambi faranno ammenda a vita. Il figlio saprà affrontare ogni pericolo se sa’ di non distruggere la madre con la propria assenza. Solo così potrà guardare l’orizzonte, esser libero di poter essere lungo il suo cammino. Potrà lasciarsi sedurre dalla vita, assaggiandone tutti i suoi sapori e lasciandosi inebriare dai i suoi odori: potrà amarla e odiarla, annegare tra le sue acque impetuose per brevi istanti e poi domare vittorioso onde spaventose. Il giovane uomo adesso guardando con fierezza il riflesso del suo volto tra i mari della vita, vi riconoscerà quell’antica immagine di sé riflessa negli occhi della madre, quando i loro sguardi s’incrociarono per la primissima volta. Adesso inizia la vita.

 


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Il Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala
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Alcuni anni fa abbiamo chiesto allo psicoanalista Adamo Vergine di spiegare ai giovani che cos’è la psicoanalisi. Oggi per ricordarlo nel giorno della sua morte, riportiamo la sua testimonianza e a nome del Centro Psicoanalitico dello Stretto e del Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala di Messina esprimiamo la nostra commossa partecipazione per la sua perdita.

 

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