Donne che inseguono i funghi
Sarantis Thanopulos
Una giornalista ha lanciato un appello accorato: «Ditecelo voi. Perché questa cosa, noi donne, davvero non riusciamo a spiegarcela». La questione, dice la giornalista, è semplice: «Ci sono alcuni uomini con cui si inizia ad uscire, ad avere degli appuntamenti e sembra che ogni volta le cose vadano alla perfezione. Tutto è fantastico fino a quando, a un certo punto, scappano». Questo è senz’altro un problema diffuso e, conviene dirlo subito, molto preoccupante. Per le donne ma soprattutto per gli uomini, che spesso sono in fuga dai rapporti sentimentali, perennemente insoddisfatti e, al tempo stesso, incapaci di farsi carico della loro infelicità. A dire il vero molte donne pur profondamente ferite non si mostrano disposte ad apprendere dall’esperienza, in un certo modo collaborano con l’uomo in fuga. A volte non è chiaro se con l’uomo vogliono davvero confrontarsi o se preferiscono confermare la pessima idea che hanno di lui. Per la giornalista il problema sono i segnali fuorvianti: «La fuga prematura dovrebbe essere anticipata da messaggi chiari: serate ad alto tasso di sbadigli, silenzi imbarazzanti, il trasporto fisico che si avrebbe per un frigorifero». Sarebbe come se per capire che sta piovendo dovessimo essere bagnati. Eppure la risposta è a portata di mano, è contenuta in ciò che è presentato come incomprensibile aporia: «La ritirata di questa categoria di uomini è subdola e inattesa, preceduta il più delle volte da telefonate più volte al giorno, messaggini dolci, cene perfette fatte di chiacchiere e di gusti in comune». Perfino Cenerentola avrebbe pensato: «Troppo bello per essere vero»! I messaggini, le telefonate, le cene perfette sono una forzatura. L’uomo che desidera e insieme teme la donna fa del suo meglio per insediare sulla scena ciò che considera rassicurante per la donna (e per se stesso): il lato femminile di sé. Di questo lato ha paura, lo fa sentire fragile, preda della prima donna di cui può innamorarsi. La sua virilità normativa, difensivamente strutturata e rigida, rifugge la componente femminile che dà all’uomo profondità di desiderio e di sentimenti. Più che della donna in sé il fuggitivo teme le proprie emozioni e l’intensità del proprio desiderio che destabilizzano l’assetto compatto di cui si è dotato diventandone prigioniero. Dalla prigione può uscire di tanto in tanto per sentire che è vivo pronto a rintanarsi proprio quando più si sente sul punto di farsi coinvolgere. Al maschio che fugge ponti d’oro. La paura della femminilità non è un problema solo dell’uomo ma anche della donna. Accogliere lo straniero, lasciandosi andare all’incontro con la sua virilità desiderata, è condizione di un’intensità assoluta ma vulnerabile. L’intermittenza è una soluzione spesso adottata e se si può delegarla all’altro tanto meglio. La donna può certo rifugiarsi nel teorema che «una volta che l’uomo raggiunge l’oggetto del suo desiderio, questo perde immediatamente di interesse». Serve a rinforzare la sua diffidenza non a difendere il suo desiderio. Una vera intesa tra la donna e l’uomo (che va oltre l’eccitazione e sfida l’abitudine e la noia) richiede il riconoscimento delle reciproche paure che libera il desiderio. Se l’uomo «scompare come un funghetto nell’insalata di riso», come dice la giornalista, è inutile inseguirlo. In fondo il fungo sta nel riso per essere mangiato, ammesso che il riso non sia indigesto.)