Giorno 4 Febbraio 2022 abbiamo partecipato ad un interessante incontro con la dott.ssa Lisciotto, dove, dopo un primo momento in cui abbiamo accolto i nuovi tirocinanti, abbiamo ripreso l’attività delle fotografie, il cui compito consiste nel cercare di rinvenire agli elementi significativi dell’inconscio, una sorta di “andare oltre ciò che è il visibile”.
Si tratta, fondamentalmente, di un lavoro di osservazione pura, che nel suo essere diretta, dovrebbe stimolare alla percezione della circostanza, facendo leva su ciò che c’è di pregnante. Nel lavoro osservato durante le giornate di studio precedenti, la valutazione di una fotografia consta di tre fasi fondamentali: una di natura descrittiva, in cui ci si appresta a trarre una valutazione globale, di tipo cognitivo, in cui gli elementi proposti assumono un senso di generalità, per poi cercare di addentrarsi nei piccoli dettagli; il secondo step è di tipo proiettivo, ovvero cosa risuona in ognuno di noi quell’immagine e in ultimo step l’inconscio dell’immagine, ovvero la sua storia, ciò che in definitiva è.
Abbiamo analizzato una foto in cui si scorge quello che sembra essere un parcheggio, illuminato dalla luce del sole che filtra attraverso uno degli alberi che caratterizzano quest’area verde. In particolar modo, abbiamo attenzionato lo stato d’animo che la foto ha suscitato in alcuni di noi, ovvero quello che è il significato psicologico della fotografia. Per esempio, in alcuni ha suscitato un senso di solitudine; in altri un senso di speranza, per il fascio di luce filtrante e che si fa spazio attraverso i rami degli alberi; in altri ancora, un senso di quiete e tranquillità. Tale significato, infatti, va oltre il concreto e tocca gli aspetti astratti interagendo con il vissuto interno del singolo.
La capacità di saper osservare quanto accade intorno e dentro di noi conferisce un significato profondamente diverso al nostro rapporto con l’Altro. Troppo spesso ci si sofferma sulla superficialità delle cose, si giudica un libro solo dalla copertina. Non siamo più abituati a soffermarci sulle cose, a pensare, a restare focalizzati per più di qualche secondo. Siamo ormai preda di una società in perenne ricerca della novità, proiettata continuamente in un futuro sempre sfuggente. In una tale baraonda culturale occorre trovare il coraggio di fermarsi, di riprendere contatto con noi stessi e con le nostre radici. Occorre ritornare ad ascoltarsi, a prendersi il giusto tempo, a soffermarsi sulle cose, a riparare piuttosto che a gettare via. Se si corre troppo si smarrisce il senso del viaggio, si perdono tutti i riferimenti spazio-temporali, non sappiamo più chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando, risucchiati inesorabilmente in un vortice di consumi e di frenesia. Spetta anche allo psicologo saper guidare l’individuo verso una riappropriazione della propria vita e del proprio tempo, aiutandolo a riacquisire concretezza e nuovi significati, focalizzando ciò che conta davvero e ciò che è frutto della frenesia, della “novità a qualunque costo”.
È proprio nell’insaturo dell’Immagine in cui si cerca di affrontare in maniera deterministica uno degli aspetti della mente, mirando alla ricerca di significati, cercando di indossare le stesse lenti dell’Altro, con l’obiettivo di eliminare quella solitudine favorendo, invece, il sentirsi l’Uno il supporto dell’Altro, per dirla con Bion: “Il paziente è un collega dell’analista”. Il fine da considerare è proprio volto alla capacità di accoglienza delle diverse condizioni antinomiche, in un gioco di allenamento tra il cuore e la mente, completamente aperti verso la richiesta dell’Altro.
Maria Mauro, Alice Giunta, Davide Carmelo Magistro
Durante l’incontro con la dott.ssa Donatella Lisciotto di giorno 04/02/22, abbiamo iniziato la riunione focalizzandoci sul tema del colloquio, il quale ha come obiettivo fondamentale la ricerca nell’individuo di segnali non visibili, che si possono percepire attraverso l’osservazione diretta. Mediante quest’ultima si possono cogliere delle componenti tipiche dell’aspetto inconscio. Possiamo affermare che l’inconscio è quella sfera dell’attività psichica che non raggiunge la soglia della coscienza, di esso fanno parte tutti quei contenuti che vengono rimossi, conservati, immagazzinati e sono significativi della persona. La Dott.ssa Lisciotto si è soffermata a introdurre una tematica particolare, ovvero le osservazioni delle immagini e il significato che queste assumono in base al vissuto personale del soggetto. Quando abbiamo un’immagine davanti dobbiamo coglierne i dettagli. Un’immagine può essere letta in diversi modi:
Un’altra tematica affrontata durante la riunione riguarda la differenza tra inconscio dell’immagine e l’insaturo dell’immagine. Il primo analizza la storia intrinseca dell’immagine, mentre il secondo afferma che dovremmo, tramite l’osservazione saper cogliere tutti i micro-segnali presenti che suscita quell’immagine, andando oltre la categorizzazione ed esaminando i singoli dettagli come i colori, le linee ecc.
In correlazione con il tema dell’immagine possiamo soffermarci sulla percezione del luogo da parte della persona. “Che cosa possiamo percepire in un luogo?” Possiamo affermare che si respira un clima diverso in base a dove andiamo, soprattutto se si tratta della nostra casa, dove è presente la storia intrinseca ed invisibile e ciò che esso ci trasmette. Tutto quello che ci sembra irrilevante, o poco significativo, in realtà, è molto sostanziale se analizzato attentamente. Attraverso l’osservazione dobbiamo tentare di analizzare ciò che c’è dietro, che sia un luogo o una persona.
Infine abbiamo avuto l’occasione di osservare un’immagine; abbiamo visto come grazie ai 3 livelli di analisi (descrittivo-proiettivo-insaturo dell’immagine), ognuno di noi ha illustrato i vari dettagli presenti nell’immagine, per poi riferire le emozioni e sensazioni che suscitava per ogni singola persona. Possiamo citare l’esempio di una nostra collega, la quale riferiva che l’immagine le procurasse un senso di tranquillità e rinascita, in particolare è rimasta colpita dalla forma ambigua che assumevano i due rami dell’albero, attraverso i quali splendevano i raggi del sole. Al contempo, abbiamo avuto modo di notare come un’altra collega interpretava la stessa immagine con una connotazione differente, l’immagine suscitava in lei delle sensazioni completamente differenti, nel dettaglio la associava ad un parcheggio ospedaliero. Possiamo in conclusione affermare, come il vissuto personale di ognuno di noi possa influenzare il modo di interpretare ed elaborare tutte le informazioni provenienti dall’esterno, come ad esempio il modo di vedere delle prospettive diverse attraverso un’immagine. È di fondamentale importanza un’analisi completa di una foto o immagine che includa tutti i 3 livelli di osservazione/lettura.
Barbara Salvo, Francesca De Francesco, Federica Zuccalà, Simona Panzera
“Fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore” H. Cartier-Bresson
Il termine fotografia è possibile suddividerlo in foto e grafia e dal greco indica letteralmente: scrivere, disegnare con la luce. Essa ci permette di cogliere un’istantanea della realtà, di osservare e cogliere aspetti peculiari. Nell’incontro tenutosi il 4 febbraio 2022 con la Dott.Lisciotto e colleghi abbiamo posto l’attenzione sull’importanza di cogliere dalla fotografia aspetti inconsci, andando oltre il visibile per connetterci con ciò che risulta invisibile. La connessione tra fotografia e psicoanalisi viene spiegata chiaramente dalla dottoressa. Così come nella fotografia si trovano particolari latenti, in un setting psicoanalitico è necessario comprendere gli aspetti più celati del paziente, i più angosciosi che non vuole condividere con l’analista, e nemmeno con sè stesso. Ciò, può aiutare il terapeuta ad intuire come avanzare nella strutturazione dell’intero percorso psicoterapeutico. Molto spesso, difatti, in un colloquio consultativo si potrebbe credere che il terapeuta osservi solo la “scatola” del paziente, e sotto certi aspetti è vero, ma, oltre a ciò l’analista cerca di scorgere “il contenuto”, l’inconscio del paziente per cominciare a dare senso a quella matassa angosciosa che lo tormenta. Durante un colloquio con il paziente, è importante porci in una posizione di ascolto empatico, consapevoli del fatto che si sta donando a noi, mettendosi a nudo e raccontandoci la sua storia. Dobbiamo addentrarci in punta di piedi nella vita del paziente, non soffermandoci all’apparenza ma andando oltre ciò che è visibile, connettendoci con l’invisibile, con tutto ciò che, a primo impatto, non emerge: leggere le zone d’ombra, le sfumature, capire che significato hanno determinati vissuti per la persona in analisi. È un po’ come quando ci troviamo di fronte ad un’immagine: per prima cosa descriviamo ciò che è immediatamente visibile ai nostri occhi poi, piano piano, scorgiamo i dettagli. Ciò risulta possibile con l’osservazione diretta che ci permette di cogliere ciò che è “nascosto” e che suscita in noi sensazioni, pensieri, sentimenti, scendendo nel profondo della nostra anima e costringendoci a fare i conti con la nostra intimità. Tramite una foto mostrata durante il corso in cui era ripreso un luogo di “passaggio” ai nostri occhi abbandonato all’evolversi della natura e alle incuranze dell’uomo, abbiamo colto l’insaturo dell’immagine ovvero un qualcosa di indefinito, non circoscritto ma che allo stesso tempo apre a nuovi significati. Nei vari elementi della composizione dell’immagine, la nostra osservazione è iniziata dall’angolo in basso a destra dove era presente un cespuglio, da lì siamo giunti a tutti gli elementi che riempiono la fotografia: l’albero, l’automobile, una donna, una panchina, un cartello ecc. Abbiamo raccolto le nostre considerazioni, iniziando a trasferire tramite la nostra voce quel che rimuginava nella nostra mente. La nostra analisi si è soffermata su un elemento in particolare: “il cestino dei rifiuti” che potrebbe sembrare molto insignificante all’interno della foto, risultando totalmente in secondo piano, viene utilizzato come metafora degli aspetti nascosti ma, caratterizzanti del vissuto del paziente che potrebbero celarsi durante le sedute. Dalla fotografia sono emerse prospettive diverse, differenti modi di interpretarla ma anche di proiettarla, in quanto ha evocato in alcuni di noi vissuti personali profondi. Quel “luogo di passaggio”, definito così dalle nostre sensazioni, ad una collega ha evocato una “bellezza trascurata” ma, nello stesso tempo, in quei raggi di sole che brucano dai rami dell’albero facendosi strada nei nostri occhi, abbiam visto speranza e rinascita, la possibilità di scovare la luce anche laddove sembra che non ci sia, anche nei posti più cupi, abbandonati e trascurati. Un’altra collega alla visione dell’immagine percepiva un abbaglio, instantanea statica che trasmetteva negatività, come un mondo finto dove quel sole abbaglia tutto ai limiti di un ambiente distopico. Per altri invece quella foto può avere connotati positivi, dove il sole centrale rappresenta un punto di partenza e di speranza in mezzo alla solitudine e tristezza.
“La fotografia ci colloca in un continuum temporale che spazia tra i ricordi, dà senso al presente e ci permette di proiettarci nel futuro” Attilio De Angelis.
Per la potenza dell’immagine si attivano in ognuno di noi profondi vissuti non ancora elaborati. E’stato applicato questo potere evocativo della fotografia all’interno del setting terapeutico come elemento che unisce e facilita l’esplorazione “da dentro”. Tramite il progetto “Foto-inconscio” ad opera di Ayres Marques Pinto in alcune comunità psichiatriche, coinvolgendo gli ospiti nei vari momenti del processo fotografico è riuscito ad aiutarli a prendere contatto con parti di sé, permettendo loro di elaborare determinate emozioni.
“La fotografia e il fotografare, quindi, permettono di scoprire il lato oscuro del mondo, dando rappresentabilità alle emozioni, espandendo l’immaginario e il sogno e per far ciò è importante esercitarsi a pensare. Pensare per immagini e imparare ad ascoltare le foto” Carlo Riggi.
I tirocinanti: Alessandra Speranza, Alessandra Geranio, Benedetta Ciliberti e Salvatore Arcidiacono
Sitografia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Fotografia
http://www.photoastherapy.com/home/progetti-realizzati/foto-inconscio
https://www.nadir.it/pandora/RIGGI_AMORE/carlo-riggi-amore.htm
https://www.psicofototerapia.it/chi-sono/la-fotografia-in-psicologia/
Durante l’incontro di giorno 4 febbraio con la dottoressa Lisciotto abbiamo parlato dell’importanza del cercare le cose non evidenti all’interno di un colloquio clinico poichè “sono le cose che provengono dal nostro inconscio”: intercettare e connetterci con l’invisibile è quello che rende specifico il setting analitico.
Uno strumento fondamentale per l’analista è quello dell’osservazione, diretta ad individuare ciò che non è visibile.
Funzionale per l’analista è rapportarsi al paziente come se si trovasse di fronte ad una fotografia o ad un quadro. Spesso di fronte a quest’ultimo facciamo riferimento ad un’analisi su tre livelli:
Prendendo come esempio il quadro “Il bacio” di Hayez e partendo dall’aspetto descrittivo, soffermandoci ad analizzarel’angolo in basso a destra si possono notare tre scalini rettangolari di colore beige illuminati per tre quarti in cui l’ultimo quarto è adombrato dalla sagoma dell’uomo che ritroviamo al centro dell’immagine. Continuando a soffermarci sugli scalini, essi sembrano usurati dal tempo e presentano delle crepe. Nel primo gradino troviamo il piede dell’uomo, il cui colore della scarpa risulta difficile da individuare poichè oscurato dall’ombra. L’uomo indossa delle calzamaglie rosse ed il resto del vestiario è coperto dalla figura femminile.
Passando poi all’aspetto proiettivo abbiamo immaginato che l’uomo del quadro, tenendo conto della posizione del suo piede, possa per qualcuno di noi essere di fretta poichè diretto in un altro luogo mentre per altri aver “rubato” un bacio all’amata, dopo essersi preso di coraggio, come si evince dalla postura che fa immaginare un inseguimento forse dalla figura dietro nell’ombra.
Questo per spiegare come ognuno di noi possa aver proiettato fantasie, pensieri o emozioni differenti nonostante il quadro sia oggettivamente uguale agli occhi di tutti noi.
Infine, per quanto riguarda l’inconscio dell’immagine è importante e funzionale analizzare il contesto storico del quadro. Ci troviamo in una situazione in cui l’Italia venne divisa in diversi stati, tutti soggetti al dominio diretto o indiretto degli Asburgo d’Austria.
”Fu in questa cornice che Francesco Hayez dipinse il proprio Bacio. Memore della lezione carbonara, repressa nel sangue, l’artista decise di mascherare gli ideali di cospirazione e lotta contro lo straniero sotto la rappresentazione di eventi del passato: attraverso l’adozione di schemi di comunicazione ambigui, opachi, l’artista riuscì infatti a sfuggire efficacemente agli interventi di censura messi in atto dalle autorità.” (Wikipedia- Bacio di Hayez).
L’esempio dell’analisi di questa immagine si collega all’analisi effettuata all’interno di un colloquio dove, possedere delle proiezioni per l’analista e per il paziente sarà inevitabile ed automatico in quanto meccanismo di difesa. Compito dell’analista sarà quello di non interpretare lungo una proiezione, essendo consapevole dei propri moti attraverso un lavoro di “autoanalisi” e “supervisione”.
Durante l’esercitazione con la dottoressa Lisciotto, nell’analisi descrittiva, ci è sembrato quasi come se gli elementi in primo piano nell’immagine fossero scotomizzati rispetto a quelli in secondo piano: i raggi del sole che spiccavano nella foto sono stati il primo elemento che abbiamo notato; il contorno ricco di particolari, successivamente, attirando la nostra attenzione, è quasi come se avesse fatto “scomparire” i raggi. Alla fine della descrizione quando la nostra attenzione si è focalizzata nuovamente sull’elemento centrale della foto, ovvero il sole e i suoi raggi, è stato come vedere qualcosa di completamento diverso, come se stessimo guardando l’immagine per la prima volta.
Questa stessa sensazione si è ripresentata durante l’analisi del quadro di Hayez, dove il piede è stato subito oggetto della nostra attenzione, viste anche le nostre conoscenze di storia dell’arte. Durante l’analisi dei gradini, una collega ha fatto notare come effettivamente avessimo tralasciato il piede e quindi la figura centrale dell’uomo. Notiamo come i dettagli in ombra, non visibili, siano estremamente importanti poiché ci forniscono informazioni preziose sulla globalità del quadro. Lo scopo per cui guardiamo le ombre è quello di rendere conscio ciò che per il paziente era inconscio. Un paradosso è quello delle ombre che in seguito illuminano ciò che, precedentemente e superficialmente si vedeva.
Prodotto dai tirocinanti della triennale: Citrigno Andrea, Corvaia Ludovica, Gerbino Simona, Petruzzello Sofia
Bibliografia
Informazioni sul quadro “Il bacio” di Hayez https://it.wikipedia.org/wiki/Il_bacio_(Hayez)